A
testimonianza di quanto la questione sia di estrema attualità, esistono molte
librerie gremite di manuali educativi che si pongono l’arduo obiettivo di
offrire delle linee guida in merito a come essere o diventare, dei “buoni”
genitori ed ognuno di questi propone la sua ricetta speciale.
Se
bastasse apprendere i contenuti di questi preziosi ed utili testi, per essere o
diventare dei genitori “competenti”, probabilmente oggi non saremmo qua a
parlarne.
La
realtà in effetti suggerisce tutt’altro:
Come
genitori abbiamo ben chiaro cosa vorremmo per i nostri figli: la felicità!
e
quando ci viene chiesto da quali ingredienti speciali sia composta questa
ricercata ricetta, le esitazioni sono ancora minori:
autostima,
competenza sociale ed emotiva, senso di
autoefficacia, ecc.
Allora
perché il risultato finale, o meglio, ciò che intravvediamo come risultato finale, spesso non ci soddisfa e ci facciamo cogliere dalle incertezze in
merito alle nostre reali capacità genitoriali.
Riteniamo
che ci sia in molti casi, un difetto di fondo nel nostro essere genitori all’atto
pratico. Spesso la convinzione di fare il bene, o il meglio per i nostri figli,
ci impedisce di vedere e conoscere a pieno il bambino che ci sta di fronte, con
le proprie peculiarità.
Così
agiamo in nome “dell’amore”, cercando di plasmare quei loro aspetti
caratteriali, che dal nostro punto di vista riteniamo essere poco idonei e
funzionali alle richieste ed aspettative della società d’oggi.
Perché
la ricetta speciale in molti casi non si realizza?
·
Perché a guidare l’interazione quotidiana con i
nostri figli, non sono solo razionalità e conoscenza, ma ci sono altri fattori,
(per lo più emotivi), che spesso sfuggono al nostro controllo;
· Perché l’obbligo di “realizzare” dei bambini
felici, prevarica e spesso offusca il nostro dovere e potere educativo;
·
Perché tendenzialmente non possiamo concederci
di essere genitori imperfetti;
· Perché non siamo disposti a vedere, ed in molti
casi ad accettare le peculiarità del nostro bambino preferendole spesso inquadrare in
problematicità;
·
Perché tendiamo ad imporre la nostra ricetta e
non permettiamo al nostro bambino di crearla da sé,
·
Perché i nostri timori guidano le nostre azioni,
più di quanto lo faccia il coraggio;
·
Perché spesso le nostre convinzioni sono scosse
dalla logica del “così fan tutti”;
·
Perché nell’affannata ricerca al meglio, perdiamo
di vista il necessario;
Riteniamo saggio, che il dovere e la
responsabilità di un genitore, debba
fermarsi, là dove inizia, il dovere e la responsabilità del bambino.
Ciò
significa, concedere al bambino la possibilità di camminare in autonomia, permettendo
lui, di sbagliare e di individuare da solo il modo migliore per rimediare
all’errore ed imparare da esso.
Poiché:“nulla di ciò che vale
veramente la pena di essere imparato, può essere insegnato”
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Complimenti tanto bello quanto vero!
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