martedì 23 ottobre 2012

Come stimolare nel bambino capacità di analisi critica


In tempi difficili come questi, dove i nostri piccoli quotidianamente vengono bombardati da messaggi di ogni genere ,ritengo davvero importante abituarli, fin dalla  più tenera età, a sviluppare capacità riflessive e critiche nei confronti dei diversi temi con cui vengono a contatto.

Cosa significa acquisire  abilità critiche?
  • Significa trasformarsi da mero recettore passivo dei messaggi mediatici, a soggetto in grado di filtrare l’informazione attraverso una propria rete di giudizio;
  • Significa limitare il pericolo di divenire oggetto di facili manipolazioni;
  • Significa possedere una preziosa mappa mentale, che  permetta di orientarsi nella giungla informativa, ed ahimè, spesso disinformativa, nella quale siamo immersi;



 William Graham Summer fornisce una definizione piuttosto esaustiva di questo concetto:
 “(il pensiero critico è)….l’analisi e la valutazione di proposizioni di qualunque tipo, al fine di verificarne la corrispondenza alla realtà . La facoltà della critica è generata dall’educazione e dall’allenamento…... E’ la nostra unica tutela contro l’illusione, l’inganno, la superstizione e la misconoscenza di noi stessi e del mondo circostante.

Sarebbe meraviglioso poter contribuire efficacemente allo sviluppo di tale abilità nel tuo bambino,
non credi?
In quale modo?

I bambini  sono istintivamente e naturalmente curiosi:
“mamma perché gli aerei volano?”
“mamma perché  è successo questo?
“mamma cos’è la guerra?”
“mamma perché quel "tizio" dice così?”

Si tratta di “perché” a volte innocui, a volte in grado di mandarci in crisi, a causa della complessità della tematica da affrontare, non solo sotto l’aspetto teorico, ma e soprattutto emotivo.

 In quest’ultimo caso, qual è  la  reazione più frequente da parte nostra?
  • Liquidare l’argomento in due parole;
  • Parlare d’altro;
  • Rinviare la spiegazione a quando il bambino sarà più grande e quindi, (dal nostro punto di vista), in grado di comprendere;

 Così facendo però, non consideriamo degli aspetti fondamentali:
  • Il nostro piccolo ha bisogno di spiegazioni in quel preciso momento, quando la sua curiosità è stata sollecitata da qualcosa che ha visto o sentito e che comunque fa parte integrante del mondo in cui vive;
  • Sottovalutiamo e frustriamo la sua intelligenza e capacità di comprensione;
  • Partendo dal presupposto che un processo di pensiero difficilmente può essere bloccato, il bambino, cercherà comunque di trovare una spiegazione al fenomeno che rischierà però, in tal caso di essere sovraccaricata  di significati emotivi fuorvianti;

 Ti faccio qualche esempio:
 mamma cos’è la cattiveria?”
“tesoro è una cosa brutta!”  (liquidare l’argomento)
oppure:
“Topino ma che domande mi fai?, non sono cose per te queste. Ti va un buon gelato?” (cambiare argomento)
o ancora:
Cucciolo te lo spiegherò quando sarai più grande” (rinviare la spiegazione a data da destinarsi)

Come puoi facilmente intuire, in questo modo al bambino non viene data la possibilità di “conoscere”, che è il primo passo verso lo sviluppo di capacità critiche.
Quando parlo di conoscenza,  non intendendo, fornire al bambino la  “ricetta” del nostro sapere, ma offrire un punto fermo da cui sviluppare  riflessioni e punti di vista diversi.

Difficile?
Solo in apparenza!

Ecco un semplice trucchetto:
Ogni qualvolta ti trovi a dover spiegare processi, chiarire o raccontare fatti al tuo bambino, ricordati di utilizzare sempre una sorta di schema investigativo che includa: perché? come? chi? secondo te?

Non fermarti alla semplice spiegazione, ma poni delle domande aperte, in modo tale da aprire una discussione dove anche il tuo bambino abbia la possibilità di dire la sua  o di fare dei collegamenti fra la sua, seppur giovane ,esperienza di vita e quanto da te proposto. Lascia che sia il tuo piccolo a trovare la soluzione o la risposta più adatta al suo livello di comprensione.  Il tuo ruolo deve essere quello di “facilitatore”

Riprendiamo il nostro esempio:
B:“mamma che cos’è la cattiveria?”
M:“ secondo te cosa potrebbe essere?”
B:“non lo so”
M:“dal tuo punto di vista è una cosa bella o brutta?”
B:“brutta”
M:“proprio così!, e cos’è che ti fa dire che è una cosa brutta?”
B: “perché fa piangere le persone”
M: “ti è mai successo di aver fatto piangere un altro bambino o che un altro bambino  abbia fatto piangere te?
B: “si! quella volta che Simone mi ha dato un calcio”
M: “bene, quello è un gesto che fa piangere, e quindi un gesto cattivo. Sai, a volte anche le parole  possono essere cattive. Hai mai fatto piangere un bambino con le parole?”
B: “si! quella volta che ho detto a Simone che non era più mio amico”
M: “bene,anche in questo caso hai detto una cosa cattiva, che ha fatto piangere Simone.
       Ora dimmi è bello piangere?
B: “no!”
M: “ pensi che sia più bello ridere?”
B: “si!”
M: “secondo te cosa si potrebbe fare per far ridere ancora Simone, o cosa potrebbe fare Simone per far ridere te?”
B: “io magari potrei non dirgli che è brutto……”

La conversazione potrebbe andare avanti all’infinito, ma quello che vorrei mettere in evidenza, è come  da un semplice: “mamma cos’è..?”, sia possibile portare il bambino a riflettere sull’argomento che l’ha incuriosito, guidandolo a trovare da sé le risposte ed eventualmente le soluzioni di cui ha bisogno.

Una sorta di scoperta congiunta dove tu, in modo naturale, affini  le sue capacità di comprensione, riflessione, indagine critica e risoluzione dei problemi.

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